venerdì 13 gennaio 2012

FRUTTA SECCA


FRUTTA DA SGRANOCCHIARE

Prima di poterci sgranchire le gambe nel bosco alla ricerca di funghi, erbette o frutti, bisogna aspettare che l’inverno finisca, meglio ancora, se si può restare a casa, davanti al camino scoppiettante e vedere la neve ricoprire di bianco il paesaggio fuori dalla finestra.
Questo se si abita in montagna, ma molti di noi, vivono in città, nessuna immagine fiabesca, non abbiamo neppure il camino, al massimo il termosifone di ghisa, alcuni più fortunati la ‘stube’
Specialmente per una cittadina come me, che vive in appartamento, e che a causa del lavoro non è andata in montagna, l’unico vantaggio è che vivo in un bilocale bello caldo, termosifoni accesi dal condominio per quasi tutto il giorno e parte della notte.
Visto quanto ci costa il riscaldamento, perché non sfruttarlo al meglio?
Quest’anno la raccolta di porcini è stata molto scarsa in casa nostra, e mamma che di solito regala i suoi meravigliosi funghi secchi alle amiche, ha dovuto optare su un’altra leccornia. Quest’idea è nata parecchi anni fa un po’ per caso.

Anni fa a mio padre avevano regalato una griglietta a forma di setaccio, con un ventilatore elettrico che serviva per far seccare i funghi o la frutta; mele, pere, arance, ma era un aggeggio ingombrante, con poco spazio per appoggiarci i cibi, che impiegavano molto tempo a seccare, oltre a spendere energia elettrica! Così come tanti regali divertenti ma poco pratici, l’‘essicatore’ è stato ‘stermato’ da qualche parte, non saprei dove, sicuramente in soffitta…
Anni fa in Turchia i miei per seccare parecchi kg di funghi, avevano realizzato delle zanzariere da finestra, per stendere le fette al sole, e un giorno che pioveva, erano state portate in casa e appoggiate su due sedie con sotto una stufetta elettrica.
I funghi si asciugavano velocemente dando il tempo per una nuova stesura di fette fresche appena tagliate.
Il tempo non era stato clemente, e anche dopo che i funghi erano già tutti nel barattolo, mia madre, non avendo il riscaldamento in casa, perché quella in Turchia è una villetta, per brevi periodi, di solito da Aprile a Ottobre, aveva mantenuto la stufa accesa.

Quell’anno nel suo giardino il melo aveva prodotto parecchi frutti. Dopo aver mangiato molte mele fresche e cotte, aver preparato anche della marmellata, ne rimanevano ancora molte.

Mia madre, per non far andare a male le mele, ricordandosi di quell’aggeggio regalato anni fa, le tagliò a rondelle per seccarle usando la stufetta e una piccola rete simile a quella per i funghi. Il sapore della frutta fresca seccata in casa, senza conservanti o zuccheri, ha un sapore genuino che non può essere comparato a quella in vendita.
Tutte queste parole per consigliarvi, come facciamo ancora noi, in questi mesi invernali, di utilizzare il calore del termosifone per seccare la frutta.

La mettiamo tagliata, (mezzo centimetro più o meno), su delle griglie improvvisate, (noi utilizziamo dei vecchi ripiani di un frigorifero rotto), e in massimo tre giorni, le fette sono pronte per essere mangiate (dipende dall’umidità della stanza o dal tempo in generale).




In qualsiasi caso, non lasciate troppo a essiccare, se no, diventano più dure di consistenza, meno saporite e nello stesso tempo si spaccano più facilmente, ma questo lo capirete dopo le prime prove, ogni frutto ha una sua umidità interna.
Una volta che un lato si è asciugato, voltate le fette dall’altro lato, finché non sarete sicuri che non ci sia più umidità trattenuta, che potrebbe fare ammuffire la frutta dopo qualche mese.
La frutta si conserva a lungo, certo è meglio mangiarla in tempi brevi e prepararne ogni tanto, finché ci sono i riscaldamenti accesi!!!!!
In casa nostra, i frutti preferiti sono le mele, i manghi e le banane.
Non mi dispiacciono le fette di agrumi, specialmente le arance, ma le consiglio ai più esperti, perché essendo molto acquose, l’essicazione è particolarmente difficile.
La frutta, si può preparare sia con la buccia ‘lavata’ o senza, noi sbucciamo solo certi frutti, come il mango e banana, perché le loro bucce sono indigeste!


Se in casa avete un’affettatrice, specialmente per le mele, è davvero comoda, così avrete tutte fette dallo spessore simile, facilitando l'essicatura.
'UN CONSIGLIO': la mela si ossida facilmente all'aria aperta, quindi è meglio passarla appena appena nel limone.
L’unica parte sconsigliata della mela, è il torsolo, perché seccando diventa coriaceo e infastidisce la gola, meglio levarlo prima con l'apposito strumento, o nel caso non l'aveste, si può utilizzare un qualsiasi oggetto forato, della dimensione del torsolo, su ogni singola fetta..






Per il mango, scegliere quelli meno fibrosi, ancora praticamente duri, non troppo maturi, se no, seccando diventano molto scuri, sono molto buoni quelli brasiliani in genere di un bel giallo e dalla consistenza croccante,  bisogna tagliarli a mano a causa del nocciolo, molto grande e per non sprecarne la polpa. La consistenza del mango secco è forse la mia preferita, leggermente elastica e acidula.









Per evitare che l'umidità cambi la consistenza della frutta, (i manghi e le banane in particolare) conviene metterle al più presto in contenitori sotto vuoto, che li mantengono saporiti e morbidi.










Le banane si possono tagliare anche a rondella, ma per il lungo restano più morbide al palato.
Anche le banane non devono essere troppo mature, perchè tagliarle a mano, é l'unica possibilità, se sono troppo mature diventa un lavoro complicato.




Tutta la frutta acquista maggiore sapidità, ed in particolare la banana che diventa dolcissima, è anche quella che cambia maggiormente di sapore, io la trovo migliore che da fresca!





Gli agrumi tagliati orizzontalmente per estetica, sembreranno margherite, naturalmente con la buccia, anche loro non troppo sottili, perché gli spicchi tendono a seccare molto più della buccia, attaccandosi facilmente alla griglia.
Tra le immagini pubblicate mi mancano gli agrumi, ma appena saranno pronti… li aggiungerò!!!
Come regalo è gradito quasi a tutti, a grandi e bambini, anche a quelli che di solito non apprezzano molto la frutta fresca, niente zuccheri, se non quelli della frutta, lo possono mangiare i vegetariani e i celiaci, va bene come dessert o come aperitivo, o da sgranocchiare davanti alla tv, o leggendo un bel libro silenziosamente…













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mercoledì 4 gennaio 2012

venerdì 30 dicembre 2011

SOTTO ZERO


ULTIMA PASSEGGATA D'AUTUNNO

Quest’anno abbiamo avuto una primavera, un’estate e un autunno davvero miti, con giornate assolate davvero splendide, era tanto che in montagna, accadesse che si potesse uscire, senza preoccuparsi, di portarsi un ombrello.




A Montecampione in qualsiasi caso, ha piovuto il giusto, ed ho avuto così la fortuna di trovare russule,








steccherini, pineroli, mazze di tamburo e qualche bel porcino nel bosco fino alla fine di settembre e,







quelli che ho nella mano sono proprio gli ultimi, raccolti in meno di mezzora, dopo una passeggiata.





In ottobre, (29 -10 - 2011, partendo verso le 21:30 da Milano e arrivando verso mezzanotte), ho provato ad andare sù per l’ultima camminata, prima dell’inverno.
A Milano ha fatto sempre caldo, al massimo sono uscita con una felpa in qualche serata, e così sono rimasta meravigliata prima dai gradi segnati sul cartello dell’hotel vicino al laghetto, sulla strada, che incrocio per arrivare al mio garage, e poi dal manto bianco che rivestiva i lati della strada, la persona con me ha commentato che certamente aveva nevicato qualche giorno prima, ma sembrava davvero incredibile.
Dopo posteggiato abbiamo fatto qualche scalino fino alla porta del condominio e non mi sembrava eccessivamente freddo anche se eravamo a -7°
In casa c’erano 11°, non ci potevo credere, ho subito attivato il riscaldamento mi sono presa una bella coperta di lana e prima di andare a dormire, abbiamo girato un po’ i canali tv, tanto da lasciare riscaldare un po’ la stanza.
Disdetta vuole, che l’unico termosifone dell’appartamento che non andava, si trovasse proprio nella nostra stanza!
Abbiamo così utilizzato la stufetta elettrica e ci siamo addormentati ancora un po’ infreddoliti.
Alla mattina ci aspettava una bella giornata, l’aria era fredda, luminosa e cristallina, ma il sole caldo sulla schiena era piacevole, tanto che dopo qualche tornante in salita, avevo caldo perché per sicurezza mi ero imbottita!
In genere ci facciamo una bella salita di almeno 7/ 8 km, partendo dai 1200 m per arrivare ai 1800, ma questa volta abbiamo deciso di fermarci sui 1500 m per mangiare in baita.
Per tutto il tragitto non abbiamo quasi incontrato umanità, se si escludono due auto e una jeep.
In compenso, uscendo e restando sul lato nord della scarpata, ho svelato il mistero del bianco luccicore notturno.




Niente neve ma brina!
Brina che per il freddo non si scioglie fino a sera e si rinnova col gelo notturno, formando vere e proprie falde, che possono assomigliare a cristalli lunghi fino a 3-5 cm, oppure a dei petali, incastrati tra loro a formare delle magnifiche rosette.



Sfortunatamente il gelo non crea solo ricami e ghirlande nei prati…





Salendo verso Prato Secondino si incontrano alcune gallerie, e sopra una di esse quando piove molto, straripa un torrente che porta molti detriti a valle, terreno massi e tronchi che sradica nel percorso.





Molti di questi detriti restano sopra la galleria in calcestruzzo danneggiandola.
L’acqua uscita dall’alveo continua a scendere per quasi tutto l’anno.
Quando arriva il freddo, ghiaccia, provocando lunghi ghiaccioli che con andare degli anni indeboliscono il cemento.



Anche la struttura in acciaio si arrugginisce e si piega al ghiaccio come si nota nelle immagini.

Fino a dieci anni fa Montecampione aveva una buona manutenzione, ma ultimamente i lavori di riparazione sulla strada che arriva fino al Plan, lasciano un po’ a desiderare.




Per me, come per altri residenti, è un dispiacere, il consorzio e il comune a valle, si preoccupano di più degli impianti di risalita degli sciatori, che delle strade, dell’albergo, e dei servizi autostradali...





Chi va lì, fuori stagione, da fine settembre a novembre, spesso trova albergo e ristoranti chiusi, poca accoglienza specialmente a 200 m.




E’ quello che è successo a noi che senza prenotazione siamo andati a Prato Secondino (baita dello sciatore) che in genere è aperto, dopo quasi due ore di camminata ci siamo ritrovati con un palmo di naso! Essendo domenica ero davvero stupita, visto la bella giornata.



Siamo rimasti una mezz’ora a riposarci e scaldarci al sole sulla bella terrazza panoramica e fatto due foto.
L’aria frizzante e il cielo terso ci hanno appagato almeno gli occhi, poi abbiamo percorso il sentiero a ritroso, e siamo ritornati a 1200 m.



Era aperto il bar “Pizzeria Val Grande”, dove un gruppo di persone che aveva pranzato lì, ha intonato canti degli alpini, ormai erano le 15:30, ma il vino, doveva aver rallegrato la combriccola...
Noi ci siamo accontentati di una birra e qualche patatina e dell’allegra atmosfera montana.
Nell’aria si sentiva il profumo delle caldarroste, così siamo stati tentati e ho mangiato le prime castagne dell’anno.



Rientrando la casa era ancora fredda, 16° ma, decisamente più accogliente della notte prima, ci siamo rilassati dopo una bella doccia calda, e verso le 19:30 siamo tornati in pizzeria, unico locale aperto sotto il Condominio Val Grande.
La pizza di Bettino è tra le migliori della Lombardia, almeno al confronto di quelle mangiate a Milano e dintorni, sarà il forno a legna, l’acqua sorgente, il freddo o la fame che viene in montagna, ogni volta che aspetto l’ordinazione, mi viene l’acquolina!
Verso le 22:00 presa l’auto e ripartiti per Milano, da 10 sotto zero, siamo tornati a 9° unica nota positiva ne rientro in città…
Ora a Milano aspetto l’occasione per tornare in montagna, dovrei andarci per capodanno se tutto va bene, e magari, mangiarmi un buon piatto fatto in casa di funghi e polenta!…
Che il primo imminente sia un giorno speciale per tutti.
Auguri Elena





















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sabato 24 dicembre 2011

AUGURI IMPREVISTI SOTTO L'ALBERO...

UN AUGURIO ED UN PENSIERO
 PER TUTTI!








Ormaisiamo arrivati alla vigilia di Natale, e a volte capita che qualche amico inaspettato, ti chiami per gli ultimi auguri, avvisandoti che passa domani o per Santo Stefano di persona...
In genere Chi arriva in quei giorni ha un regalo in mano per te, che ovviamente sarai colta impreparata, ma al contrario vuoi fare bella figura, come se tu ti aspettassi la visita.
Ebbene, sotto natale non manca mai un panettone o un pandoro, ma è un regalo impersonale, che si offre sempre a tutti dall'amica più cara, alla portinaia...
Allora perchè non offrire una crostata da servire o da regalare, in 2 orette è pronta, la pasta la si può preparare il giorno prima, la si mette in frigo (ci può stare tranquillamente anche tre giorni), e nei ritagli, di tempo la si decora e poi la si inforna....
La crostata con la marmellata, dopo la cottura resiste per i giorni di festa, ma se non la si cuoce la si può tranquillamente mettere in frizer, e utilizzare per un altra occasione, ovviamente la pasta in fizer dura anche mesi, la si scongela e ci si possono fare anche dei frollini.
Una cosa interessante della crostata è che la si può guarnire facilmente e personalizzarla al momento prima di infornarla.



Ogni volta che faccio una crostata, mi piace decorarla (naturalmente se ho tempo) per l'occasione, cambiare spesso, usare di proposito il contenuto dei fondini dei barattoli di marmellate,avendo più colori a disposizione, colorare la pasta con prodotti naturali,(in queste torte ho usato il cacao), aggiungere frutta secca chiodi di garofano o cannella (la cannella è nei biscotti).
Ho già dato in un altro articolo gli ingredienti base per la pasta della crostata, ma in queste ultime ho diminuito parecchio lo zucchero da 180 a 130.






Quando preparo la pasta ne faccio sempre una dose e mezza, così tra i ritagli avanzati della decorazione e la parte in più, o ne realizzo una piccina da tenermi a parte, o ne faccio dei biscotti per la mattina a colazione.
Questa volta avendo aggiunto nelle decorazioni pinoli e noci, che in parte avevo tritato a granella, ho aggiunto anche loro successivamente nell'impasto, per non buttare via niente e non lasciare in giri troppi avanzi...



Piccolo segreto, per i golosi... Nei biscotti consiglio di aggiungere qualche cucchiaio di zucchero all'impasto, non essendoci la marmellata il biscotto rimane più povero, e a chi piace, come ho fatto io, metto dello zucchero in un piattino con un po' di cannella e li 'infarino'...


Ecco così le mie proposte... Tanti auguri a tutti di BUON NATASLE E FELICE ANNO NUOVO!!!



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martedì 6 dicembre 2011

ARMILLARIELLA MELLEA

LE ‘FAMIOLE
UNA  FAMIGLIA  UNITA…

‘Armillariella mellea’, famiglia delle ‘Marasmiaceae’, del genere ‘Armillaria’

Una decina di anni fa tra Agosto e Settembre, mi trovavo in Turchia dalle parti di Bolu (700 m di altitudine circa), dove abitavano i miei che si trovavano lì per lavoro.
Essendo tutti noi come già raccontato in altri articoli, degli appassionati ‘fungaioli’, abbiamo scoperto con gli anni diverse fungaie di porcini, ma ovviamente ci piace avventurarci nel bosco a qualsiasi stagione anche per la bellezza della natura, (naturalmente se possibile o se abbiamo la sensazione che ci possano essere porcini o ovoli, perché i funghi non sempre sono prevedibili e a volte bastano autunni miti o primavere temperate e molto piovose, per far nascere questi esemplari inaspettatamente) scoprendo così nuove ‘abetaie’ piccoli alpeggi in turco ‘yaila’ dove raccogliere erbette, concime, frutti e fiori selvatici, e ogni tanto fare un pic-nic nel verde rigoglioso.


Quell’anno di porcini fino allora, neanche l’ombra, tutto secco, così abbiamo deciso di fare una piccola gita fino alla tomba di un importante santone mussulmano prendendo l’auto.
A metà della salita che porta a un boschetto di noccioli e altre piante, come cornioli, faggi, olmi, quercette e altri alberi da frutto semiselvatici, ci siamo trovati ad un bivio, qualche giorno prima aveva piovuto molto e l’auto rischiava di impantanarsi nella strada fangosa non asfaltata. Decidemmo di posteggiare, scendere e fare l’ultimo tratto a piedi. Dopo una breve sosta alla tomba e aver comprato del formaggio di mucca, ‘beyaz peynir, fatto dalle contadine e venduto apposta ai pellegrini che onorano la tomba, essendo una bella giornata calda abbiamo proseguito sempre a piedi per il bivio che a detta dei miei portava ad una bellissima Yaila con una radura immensa, a cui i lati sorgono distese di conifere e latifoglie, come in un racconto di fiaba. La strada non troppo ripida e per metà già asciutta dopo il temporale, era facilmente percorribile.
Dopo qualche curva, sono rimasta esterefatta. Lungo i bordi ancora molto umidi, tra arbusti, rovi e edera strisciante, si vedevano a perdita d’occhio piccoli funghetti color nocciola, piccoli 'chiodini' giovanissimi, la maggior parte, ancora chiusi e altri con il cappello già a ombrello.
Non avevo mai raccolto se non sporadicamente questi simpatici funghetti, in casa nostra non li mangiamo frequentemente, solo in carenza di altre specie, ed in genere meno giovani, solo le teste impanate e fritte.
La loro freschezza invitava a raccogliere.
Siamo tornati all’auto, preso una cesta che teniamo appositamente di emergenza nel bagagliaio, ripartiti a piedi, abbiamo iniziato a raccogliere, non riuscivamo a smettere, e più ci inoltravamo nella strada e nei sentierini laterali, più i funghi erano giovani e grandi, alcuni avevano il gambo talmente sodo da fare invidia ai porcini.
Che dispiacere se penso che a quel tempo non fotografavo tutto ciò che vedevo e non ho ora una immagine precisa per poter descrivere meglio lo spettacoloso avvenimento!
Il giorno seguente con amici che avevano una ‘lada’ siamo riusciti ad inerpicarci fino alla Yaila trovandone altri che avevano colorazioni e dimensioni diverse, ma che senza ombra di dubbio erano’famiole’. La valle era splendida ancora verde, e dei cavalli roani pascolavano a qualche decina di metri. Abbiamo fatto anche un giretto tra gli abeti, ma oltre a qualche ‘pinerolo’, non abbiasmo trovato nulla, ma la giornata che era all’imbrunire aveva dei colori accesi che mi sono rimasti nel cuore.
Questa è La Yaila, verso Helmalik dove appena qualche decina di mertri più in basso, qualche anno prima avevo trovato le famiole, qui innondata dal sole ed in lontananza appena visibile un gregge di pecore, infatti spesso è attraversata da animali al pascolo anche mucche e cavalli.

Questo è stato il mio modo per scoprire l’‘Armillariella mellea’, e ne sono stata conquistata.
Per quanto non ami questo fungo, che dopo cottura rilascia un liquido viscido, raccoglierli quel giorno mi ha dato grande soddisfazione.

L'‘Armillariella mellea’ la si trova facilmente nei boschi di latifoglie, viene raccolta dalla maggior parte delle persone, ha quindi diversi nomi volgari che variano in genere dalla regione in cui si raccoglie, noi la chiamiamo ‘famiola’,ma è anche menzionata come ‘Famigliola Buona’ o ‘Chiodino Buono’ per il suo aspetto e perché nasce in cespi di grandi dimensioni. I valtellinesi ne sono ghiottissimi, infatti è commestibile, ma bisogna fare attenzione, perché di funghi a ‘famiglia’ con caratteristiche simili, ve ne sono moltissime.
Io faccio fatica a distinguerle, o almeno, fino a quando, non ne vedo una vera, la confondo spesso con altre specie, e so, che sfortunatamente, diverse qualità sono tossiche.
Questa famiglia è un fungo parassita che distrugge l’albero che lo ospita. Infatti può nascere su tronchi tagliati o marcescenti, ma attacca anche indistintamente alberi sani o già sofferenti fino a farli morire,in questo caso predilige gli alberi da frutto probabilmente più teneri, come meli peri o peschi.
Generalmente spunta in autunno inoltrato, predilige l’umido, specialmente dopo piogge abbondanti, dove la pianta si trova nel terreno inzuppato, ma come per altri funghi vale la regola del clima; se la stagione è secca o umida, fredda o calda.
Un altro problema, per chi non conosce bene questo fungo e deve fare molta attenzione, è che, l’‘Armillariella mellea’ può variare parecchio nel colore, a causa dell’albero che ‘lo nutre’, da quasi crema, giallognolo, a color nocciola scuro, specie se ancora molto umida.
Anche le dimensioni cambiano,: dai 5-6 cm in alcune famiglie e se ha piovuto poco, ai 15-16 cm, quando il terreno è poco esposto e la terra è molto umida.
Il genere Armillaria indica quella specie di funghi che è provvisto di un visibile anello mobile, di grandi dimensioni, svasato e libero verso l’alto, ma per il ‘chiodino buono’ è stata creato apposta il nuovo genere ‘Armillariella’.

Il cappello quando è giovane assomiglia alla forma di un grosso chiodo bombato e tondeggiante, arrotondato agli estremi, dalla dimensione di 2/3 cm di diametro, se è perfettamente chiuso, è attaccato all’anello del gambo come da un velo molto chiaro. Il colore è omogeneo, può variare leggermente, dal miele dorato a un nocciola intenso, ma può anche presentarsi in diverse gradazioni, fino al giallo-ocra, ciò dipende dalla sua simbiosi con l’albero ospitante. In alcuni casi ha un aspetto vellutato con piccolissime scaglie del medesimo colore leggermente più chiare o più scure.
Quando il fungo cresce il cappello si espande mantiene un colore più scuro sulla sommità schiarendo andando verso i bordi orlati di nocciola chiaro, non sempre, perfettamente circolari, con l’umbone leggermente pronunciato più scuro. La larghezza del cappello completamente aperto può diventare di 10/13 cm di diametro schiarendosi con il tempo, ma se piove nel frattempo, tende a scurirsi.




Il gambo cresce fino ad un’altezza di 15 cm assotigliandosi, infatti da giovane è più panciuto e carnoso, di solito del colore leggermente più chiaro del cappello non perfettamente liscio, ma con una leggera peluria  molto delicata che a contatto della pressione delle dita tende a staccarsi scurendone il gambo. L’interno è pieno dalla carne leggermente fibrosa, bianca, che al taglio si scurisce ai bordi.


L’anello pronunciato, più chiaro del gambo non raramente giallo nella faccia inferiore, è molto delicato, utile per riconoscere il chiodino, dalle altre specie, all’estremità è più scuro per diventare quasi bianco all’attaccatura del gambo che attorno a quella zona ha dei riflessi rosati tra l’anello e l’attacco del cappello.

Le lamelle dell' ‘Armillariella mellea’ sono fitte, leggermente decorrenti lungo il gambo, dal colore consistenza della cera.
La carne è soda e il il profumo intenso.

Come per molte specie, vengono attaccate da vermi ed essendo abbastanza fragili, basta una forte pioggia per cambiare alcune delle loro caratteristiche, come ad esempio possono perdere l’effetto vellutato e l’anello.
La caratteristica principale è che nascono in grandi gruppi a cespi come l’insalata i gambi quasi uniti tra loro, intorno al gruppo principale se ne possono comunque trovare altri, che seguono il tronco o lungo tutta la radice dell’albero.

E’ un fungo commestibile, leggermente tossico tossico, quindi e meglio utilizzarlo solamente cotto, può essere messo sott’olio quando è ancora chiuso o ancora a cono, mangiato nei sughi misti o da solo come contorno ad un piatto di carne o con la polenta, oppure quando è aperto la testa è buona fritta perché la carne è carnosa e non si imbeve troppo d’olio, io personalmente lo preferisco così, perché come detto sopra, cuocendo in umido perde una secrezione viscida, visto che contiene molta acqua.
Chi lo mangia nei sughi o al funghetto ha ottimizzato il suo sapore con alcuni stratagemmi: lo si scotta in acqua, lo si stende e si asciuga su un telo, così perde la maggior parte dei suoi umori.
Dalla signora Sponga originaria del bellunese che apprezza particolarmente questi funghi ho scoperto che per rendere al meglio il sapore, oltre alla bollitura, aggiunge delle patate nel sugo che rimane meno viscido.
Mangiando il piatto accompagnato con la polenta ho apprezzato il gusto del fungo, che ha un sapore intenso e piacevole.
Conosco anche persone che lo apprezzano proprio per il bagnetto che rilascia in cottura, un’amica di famiglia ne mangia a volontà, anche se ne è leggermente allergica, riportando una sensazione nauseante dopo qualche ora dalla completa digestione!

Ad ogni modo lo sconsiglio a chi è debole di stomaco, facilmente provoca disturbi intestinali.
Tra le specie non commestibili, con cui si può confondere ricordiamo; ‘Hypholoma fasciculare’, fungo tossico che però non ha l’anello, la famiglia delle ‘Pholiotae’ provviste di anello (spectabilis soprattutto, ma anche flammans).
Mi stupisce, ma conosco molte persone, che non sono esperte micologhe, che li raccolgono tranquillamente e li consumano, in qualsiasi caso consiglio sempre di andare nel bosco con un esperto, per evitare raccolte inutili, e pericolose, rovinando inutilmente l’habit, ed evitando così di impedire la nascita di altre specie che coabitano nei paraggi.
Le uniche foto che ho di questi funghi, non sono eccelse, perché riprese dal cellulare, la migliore è stata scattata da Mairizio Dondi, un intera magnifica famiglia raccolta nel suo giardino che viene mostrata dal Figlio Marco.




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