martedì 22 febbraio 2011

PETASITES ALBUS L.

QUANDO LE NEVI SI SCIOLGONO: 
IL FARFARACCIO BIANCO
Nei giorni di primo Febbraio mi sono inoltrata nel bosco, era così assolato da sentire caldo, come se fossimo già in primavera. La neve era quasi tutta sciolta, a un’altezza di 1000 metri circa.
Lungo un sentiero, scendeva un piccolo rivolo di una sorgente, alimentato sicuramente dalla neve.
E così, abbassando leggermente lo sguardo, ho visto i primi germogli della grandezza di un pollice, ancora completamente chiusi, se non fosse, che conosco bene certi ortaggi, potevano assomigliare alle punte degli asparagi, ma in primo luogo quelli selvatici sono sottilissimi e poi, nascono spontanei in zone più basse, quindi da escludere immediatamente.
Erano così teneri e delicati che sembrava davvero strano vederli spuntare dall’acqua, mentre tutto il bosco è ancora in letargo.
Mio padre senza ulteriori indugi, mi ha detto subito che erano i ‘farfaracci’ dal fiore giallo, vedendo alcuni esemplari più lontani in cui si intravvedeva del giallino. Decido di scattare qualche foto.
Due giorni più tardi tornando nel bosco li riconosciamo, aprendosi leggermente abbiamo notato che il fiore tendeva decisamente al bianco, ho scattato altre foto, notando anche che vicino agli steli con maggior apertura, c’erano anche delle foglioline arrotondate completamente diverse da quelle della corolla dei fiori, lunghe e lanceolate, e mio padre mi ha fatto notare che le vere foglie nascono lungo la loro radice, un vero intreccio a pelo dell’acqua e del terreno.
Dopo aver scattato altre foto e tornati a casa, con un consulto famigliare, abbiamo poi controllato internet, dove abbiamo decisamente escluso il farfaraccio giallo, dai fiori molto più vivaci, colorati ed imponenti, ma ancora perplessi sulla sua varietà.
Caso vuole che mio padre il giorno dopo, non trovando alcun fiore se non qualche ciuffetto d’erica, ha raccolto 5 rametti con tanto di radici di quel farfaraccio, li ha trapiantati in un vaso, coperti da uno strato leggero di erba umida e li ha portati in casa e, con mia fortuna, hanno germogliato come se fossero restati nel bosco.
Ho così potuto osservare diverse fasi della loro crescita che è avvenuta nella settimana.
Dapprima hanno incominciato a vedersi i petali bianchi, che pian piano, hanno formato un bel bouquet, poi lo stelo è cresciuto di almeno una spanna e finalmente tra l’erba sono spuntate delle belle foglioline di un verde intenso.

Abbiamo così decretato che si trattava 
della ‘Petasite Bianca’, o, ‘Petasites albus L.’
Tutto ciò che riporto ora, tranne le immagini, sono le notizie che ho trovato su internet, in parte riassunte con miei commenti, e altre trascritte pedissequamente per non alterare il contenuto scientifico, tutte o quasi trovate su wikipedia. Devo ammettere, che non avrei mai creduto, di poter trovare tante notizie su una così piccola piantina, nata all’inizio dell’anno.

Fu Dioscoride Pedanio medico, botanico e farmacista greco, alla corte dell'imperatore Nerone, a denominare ‘Petasites’ il ‘farfaraccio’ per l’assomiglianza delle sue foglie al ‘petàsos’, un cappello a grandi falde usato dai viaggiatori di quel tempo.
Albus, deriva dal latino bianco.
La Famiglia del Farfaraccio è: l’Asteraceae’, una volta anche detta, famiglia delle Compositae’
Questa è una delle famiglie, più numerosa nell’ambiente vegetale, organizzata in 1530 generi diversi per un totale di quasi 22.750 specie.
Tra il genere petasites, ve ne sono circa una ventina di varietà in tutto l’emisfero boreale, in Italia se ne annoverano ad oggi almeno 4.
I farfaracci fanno parte della sottofamiglia delle 'Tubiflore', caratterizzati per avere delle infiorescenze particolari, racchiuse in ‘capolini’, in un involucro formato da più leggeri strati di foglie dette ‘brattee’, servono da protezione al fiore che, pian piano si schiudono e fanno intravvedere i fiori, piccoli fiorellini ‘tubolosi’, a forma cilindrica, al centro e ‘ligulati’, con leggeri petali nastriformi all’esterno, essi formano inizialmente una sfera, che col crescere si allarga a raggera permettendo anche ai fiorellini interni di sbocciare come a quelli laterali.
Crescendo, lo stelo su cui nascono si allunga, fino all’altezza di 40 cm. Lo stelo è avvolto da foglie squamose e lanceolate dal bordo leggermente frastagliato. Ma queste non sono le vere foglie del ‘Farfaraccio’, esse nascono vicino o a lato dello stelo, lungo l’intricata ramificazione delle radici, che in realtà, è il tronco della pianta, quasi a fioritura completa, fino al formarsi dei frutti con il ‘pappo’ biancastro e morbido, cioè il ciuffetto setoso che permette al seme di volare e diffondersi.
Da Wikipedia:
All'interno del genere, in riferimento alle specie spontanee italiane, il botanico italiano Adriano Fiori (1865 – 1950) le divide in due sezioni ben distinte[2]:
Sezione NARDOSMIA : la corolla dei fiori femminili della zona periferica del capolino sono brevemente ligulati; l'infiorescenza di tipo racemoso è composta da pochi capolini (3 – 10); le brattee del racemo, nella parte inferiore, sono molto grandi, quasi fogliacee.
Sezione EUPETASITES : questa sezione è caratterizzata dall'avere infiorescenze con numerosi capolini spesso organizzati in un racemo allungato (a fine fioritura); le corolle dei fiori radiali sono troncate (o appena ligulate); le foglie-brattee caulinari sono sempre lanceolate-acuminate indipendentemente dalla posizione che possono avere lungo il fusto (basale o apicale).
In questo modo una persona già si può fare un’idea di quante piccole differenze ci possano essere in natura tra famiglie, generi specie e varietà!
In qualsiasi caso possiamo ritornare in particolar modo alla nostra piantina in questione: il ‘Farfaraccio Bianco’!
Per meglio comprendere ed individuare le varie specie del genere (solamente per le specie spontanee della flora italiana) l’elenco che segue utilizza in parte il sistema delle chiavi analitiche che sono 5, che potrete ritrovare anche loro su wikipedia.
Io mi dedicherò a descrivere soltanto la varietà del ‘farfaraccio bianco’.


' Petasites albus (L.) Gaertn.' o 'Farfaraccio bianco', fa parte del Gruppo 3A : le foglie ‘radicali’, cioè come detto prima, che nascono direttamente dalla radice, sono verdi sulla pagina superiore mentre ‘tomentosa’, cioè coperte di peli soffici e setosi come una leggera lanugine, di sotto; i bordi sono doppiamente dentati. Le foglie ‘basali’ o radicali, appaiono quasi a fine fioritura e sono arrotondate, dentellate in modo irregolare, con nervature nella pagina inferiore. L'altezza può variare da 20 a 40 cm; la sua forma biologica è 'geofita rizomatosa', cioè sono piante robuste e perenni con le gemme e il tronco sotterraneo, e rimangono tali fino al cambiamento del clima, quando diventa ideale per la fioritura. E’ una pianta 'Orofita', cioè vive in zone montane in particolar modo sulle sulle Alpi dalla Liguria al Veneto.
Il suo habitat tipico sono le zone acquitrinose, ma con acqua possibilmente non stagnante, zone in qualsiasi caso molto umide e anche tra le faggete (proprio come nel mio caso). Il farfaraccio lo si può trovare a diverse altitudini, che possono variare dai 500 m ai 2000 m.
Fiorisce generalmente con lo scioglimento delle nevi, quindi in generale nasce spontaneamente a marzo, ma a volte fa capolino anche alla fine di gennaio se la temperatura lo permette.
L'inflorescenza è 'racemosa' negli esemplari maschi, mentre nelle femmine forma una larga pannocchia.
Il fiorellino dapprima giallino pallido, crescendo diventa quasi candido…
Tra i ‘farfaracci’ più conosciuti ricordiamo: ‘Petasites hybridus’ o 'Farfaraccio maggiore', molto simile a quello bianco ma molto più grande, specie per le foglie dal diametro che può arrivare a 50/60 cm, appartenente al ‘Gruppo 2A’, ‘Petasites paradoxus’ o ‘farfaraccio niveo’, con foglie di forma triangolare astata e dal fiore rosato chiaro e stelo rosso-brunastro e di dimensioni inferiori alle altre due varietà, appartenente al 'Gruppo 3B', ultimo il ‘Petasites fragrans’ (Vill.) Presl. o ‘Farfaraccio vaniglione’ più piccolo nelle proporzioni, dai colori rosati, non supera gli 800 m di altitudine appartenente al 'Gruppo 1A'.
Diverse altre piantine possono essere scambiate con il farfaraccio, tra le più comuni ricordiamo: ‘Adenostyles’ Cass. (A. alliariae (Gouan) A.Kern., ‘A. glabra’ (Mill.) DC. e ‘A. leucophylla’ (Willd.) Rchb.) anche perché le troviamo nello stesso habitat.

Il farfaraccio viene usato in farmacia, per le sostanze che contiene; olii essenziali, glucoside, mucillaggini, tannini, e sali minerali.
Viene usato anche nella medicina popolare, perché guarisce le ferite, usato come sedativo, per stati nervosi, dolorosi e come calmante della tosse, e anche come regolatore del flusso mestruale.

In Giappone del ‘Petasites japonicus’; vengono usati i piccioli come sottaceti o arrostiti, mentre gli eschimesi usano il ‘Petasites frigidus’ come ortaggio e alcune tribù della California apprezzano il sapore del ‘Petasites palmatus’.
In qualsiasi caso non è consigliato farne un uso smodato perché in grandi quantità risulta tossico a causa di alcuni ‘alcaloidi epatotossici’“pirrolizidinici” .
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