martedì 6 dicembre 2011

ARMILLARIELLA MELLEA

LE ‘FAMIOLE
UNA  FAMIGLIA  UNITA…

‘Armillariella mellea’, famiglia delle ‘Marasmiaceae’, del genere ‘Armillaria’

Una decina di anni fa tra Agosto e Settembre, mi trovavo in Turchia dalle parti di Bolu (700 m di altitudine circa), dove abitavano i miei che si trovavano lì per lavoro.
Essendo tutti noi come già raccontato in altri articoli, degli appassionati ‘fungaioli’, abbiamo scoperto con gli anni diverse fungaie di porcini, ma ovviamente ci piace avventurarci nel bosco a qualsiasi stagione anche per la bellezza della natura, (naturalmente se possibile o se abbiamo la sensazione che ci possano essere porcini o ovoli, perché i funghi non sempre sono prevedibili e a volte bastano autunni miti o primavere temperate e molto piovose, per far nascere questi esemplari inaspettatamente) scoprendo così nuove ‘abetaie’ piccoli alpeggi in turco ‘yaila’ dove raccogliere erbette, concime, frutti e fiori selvatici, e ogni tanto fare un pic-nic nel verde rigoglioso.


Quell’anno di porcini fino allora, neanche l’ombra, tutto secco, così abbiamo deciso di fare una piccola gita fino alla tomba di un importante santone mussulmano prendendo l’auto.
A metà della salita che porta a un boschetto di noccioli e altre piante, come cornioli, faggi, olmi, quercette e altri alberi da frutto semiselvatici, ci siamo trovati ad un bivio, qualche giorno prima aveva piovuto molto e l’auto rischiava di impantanarsi nella strada fangosa non asfaltata. Decidemmo di posteggiare, scendere e fare l’ultimo tratto a piedi. Dopo una breve sosta alla tomba e aver comprato del formaggio di mucca, ‘beyaz peynir, fatto dalle contadine e venduto apposta ai pellegrini che onorano la tomba, essendo una bella giornata calda abbiamo proseguito sempre a piedi per il bivio che a detta dei miei portava ad una bellissima Yaila con una radura immensa, a cui i lati sorgono distese di conifere e latifoglie, come in un racconto di fiaba. La strada non troppo ripida e per metà già asciutta dopo il temporale, era facilmente percorribile.
Dopo qualche curva, sono rimasta esterefatta. Lungo i bordi ancora molto umidi, tra arbusti, rovi e edera strisciante, si vedevano a perdita d’occhio piccoli funghetti color nocciola, piccoli 'chiodini' giovanissimi, la maggior parte, ancora chiusi e altri con il cappello già a ombrello.
Non avevo mai raccolto se non sporadicamente questi simpatici funghetti, in casa nostra non li mangiamo frequentemente, solo in carenza di altre specie, ed in genere meno giovani, solo le teste impanate e fritte.
La loro freschezza invitava a raccogliere.
Siamo tornati all’auto, preso una cesta che teniamo appositamente di emergenza nel bagagliaio, ripartiti a piedi, abbiamo iniziato a raccogliere, non riuscivamo a smettere, e più ci inoltravamo nella strada e nei sentierini laterali, più i funghi erano giovani e grandi, alcuni avevano il gambo talmente sodo da fare invidia ai porcini.
Che dispiacere se penso che a quel tempo non fotografavo tutto ciò che vedevo e non ho ora una immagine precisa per poter descrivere meglio lo spettacoloso avvenimento!
Il giorno seguente con amici che avevano una ‘lada’ siamo riusciti ad inerpicarci fino alla Yaila trovandone altri che avevano colorazioni e dimensioni diverse, ma che senza ombra di dubbio erano’famiole’. La valle era splendida ancora verde, e dei cavalli roani pascolavano a qualche decina di metri. Abbiamo fatto anche un giretto tra gli abeti, ma oltre a qualche ‘pinerolo’, non abbiasmo trovato nulla, ma la giornata che era all’imbrunire aveva dei colori accesi che mi sono rimasti nel cuore.
Questa è La Yaila, verso Helmalik dove appena qualche decina di mertri più in basso, qualche anno prima avevo trovato le famiole, qui innondata dal sole ed in lontananza appena visibile un gregge di pecore, infatti spesso è attraversata da animali al pascolo anche mucche e cavalli.

Questo è stato il mio modo per scoprire l’‘Armillariella mellea’, e ne sono stata conquistata.
Per quanto non ami questo fungo, che dopo cottura rilascia un liquido viscido, raccoglierli quel giorno mi ha dato grande soddisfazione.

L'‘Armillariella mellea’ la si trova facilmente nei boschi di latifoglie, viene raccolta dalla maggior parte delle persone, ha quindi diversi nomi volgari che variano in genere dalla regione in cui si raccoglie, noi la chiamiamo ‘famiola’,ma è anche menzionata come ‘Famigliola Buona’ o ‘Chiodino Buono’ per il suo aspetto e perché nasce in cespi di grandi dimensioni. I valtellinesi ne sono ghiottissimi, infatti è commestibile, ma bisogna fare attenzione, perché di funghi a ‘famiglia’ con caratteristiche simili, ve ne sono moltissime.
Io faccio fatica a distinguerle, o almeno, fino a quando, non ne vedo una vera, la confondo spesso con altre specie, e so, che sfortunatamente, diverse qualità sono tossiche.
Questa famiglia è un fungo parassita che distrugge l’albero che lo ospita. Infatti può nascere su tronchi tagliati o marcescenti, ma attacca anche indistintamente alberi sani o già sofferenti fino a farli morire,in questo caso predilige gli alberi da frutto probabilmente più teneri, come meli peri o peschi.
Generalmente spunta in autunno inoltrato, predilige l’umido, specialmente dopo piogge abbondanti, dove la pianta si trova nel terreno inzuppato, ma come per altri funghi vale la regola del clima; se la stagione è secca o umida, fredda o calda.
Un altro problema, per chi non conosce bene questo fungo e deve fare molta attenzione, è che, l’‘Armillariella mellea’ può variare parecchio nel colore, a causa dell’albero che ‘lo nutre’, da quasi crema, giallognolo, a color nocciola scuro, specie se ancora molto umida.
Anche le dimensioni cambiano,: dai 5-6 cm in alcune famiglie e se ha piovuto poco, ai 15-16 cm, quando il terreno è poco esposto e la terra è molto umida.
Il genere Armillaria indica quella specie di funghi che è provvisto di un visibile anello mobile, di grandi dimensioni, svasato e libero verso l’alto, ma per il ‘chiodino buono’ è stata creato apposta il nuovo genere ‘Armillariella’.

Il cappello quando è giovane assomiglia alla forma di un grosso chiodo bombato e tondeggiante, arrotondato agli estremi, dalla dimensione di 2/3 cm di diametro, se è perfettamente chiuso, è attaccato all’anello del gambo come da un velo molto chiaro. Il colore è omogeneo, può variare leggermente, dal miele dorato a un nocciola intenso, ma può anche presentarsi in diverse gradazioni, fino al giallo-ocra, ciò dipende dalla sua simbiosi con l’albero ospitante. In alcuni casi ha un aspetto vellutato con piccolissime scaglie del medesimo colore leggermente più chiare o più scure.
Quando il fungo cresce il cappello si espande mantiene un colore più scuro sulla sommità schiarendo andando verso i bordi orlati di nocciola chiaro, non sempre, perfettamente circolari, con l’umbone leggermente pronunciato più scuro. La larghezza del cappello completamente aperto può diventare di 10/13 cm di diametro schiarendosi con il tempo, ma se piove nel frattempo, tende a scurirsi.




Il gambo cresce fino ad un’altezza di 15 cm assotigliandosi, infatti da giovane è più panciuto e carnoso, di solito del colore leggermente più chiaro del cappello non perfettamente liscio, ma con una leggera peluria  molto delicata che a contatto della pressione delle dita tende a staccarsi scurendone il gambo. L’interno è pieno dalla carne leggermente fibrosa, bianca, che al taglio si scurisce ai bordi.


L’anello pronunciato, più chiaro del gambo non raramente giallo nella faccia inferiore, è molto delicato, utile per riconoscere il chiodino, dalle altre specie, all’estremità è più scuro per diventare quasi bianco all’attaccatura del gambo che attorno a quella zona ha dei riflessi rosati tra l’anello e l’attacco del cappello.

Le lamelle dell' ‘Armillariella mellea’ sono fitte, leggermente decorrenti lungo il gambo, dal colore consistenza della cera.
La carne è soda e il il profumo intenso.

Come per molte specie, vengono attaccate da vermi ed essendo abbastanza fragili, basta una forte pioggia per cambiare alcune delle loro caratteristiche, come ad esempio possono perdere l’effetto vellutato e l’anello.
La caratteristica principale è che nascono in grandi gruppi a cespi come l’insalata i gambi quasi uniti tra loro, intorno al gruppo principale se ne possono comunque trovare altri, che seguono il tronco o lungo tutta la radice dell’albero.

E’ un fungo commestibile, leggermente tossico tossico, quindi e meglio utilizzarlo solamente cotto, può essere messo sott’olio quando è ancora chiuso o ancora a cono, mangiato nei sughi misti o da solo come contorno ad un piatto di carne o con la polenta, oppure quando è aperto la testa è buona fritta perché la carne è carnosa e non si imbeve troppo d’olio, io personalmente lo preferisco così, perché come detto sopra, cuocendo in umido perde una secrezione viscida, visto che contiene molta acqua.
Chi lo mangia nei sughi o al funghetto ha ottimizzato il suo sapore con alcuni stratagemmi: lo si scotta in acqua, lo si stende e si asciuga su un telo, così perde la maggior parte dei suoi umori.
Dalla signora Sponga originaria del bellunese che apprezza particolarmente questi funghi ho scoperto che per rendere al meglio il sapore, oltre alla bollitura, aggiunge delle patate nel sugo che rimane meno viscido.
Mangiando il piatto accompagnato con la polenta ho apprezzato il gusto del fungo, che ha un sapore intenso e piacevole.
Conosco anche persone che lo apprezzano proprio per il bagnetto che rilascia in cottura, un’amica di famiglia ne mangia a volontà, anche se ne è leggermente allergica, riportando una sensazione nauseante dopo qualche ora dalla completa digestione!

Ad ogni modo lo sconsiglio a chi è debole di stomaco, facilmente provoca disturbi intestinali.
Tra le specie non commestibili, con cui si può confondere ricordiamo; ‘Hypholoma fasciculare’, fungo tossico che però non ha l’anello, la famiglia delle ‘Pholiotae’ provviste di anello (spectabilis soprattutto, ma anche flammans).
Mi stupisce, ma conosco molte persone, che non sono esperte micologhe, che li raccolgono tranquillamente e li consumano, in qualsiasi caso consiglio sempre di andare nel bosco con un esperto, per evitare raccolte inutili, e pericolose, rovinando inutilmente l’habit, ed evitando così di impedire la nascita di altre specie che coabitano nei paraggi.
Le uniche foto che ho di questi funghi, non sono eccelse, perché riprese dal cellulare, la migliore è stata scattata da Mairizio Dondi, un intera magnifica famiglia raccolta nel suo giardino che viene mostrata dal Figlio Marco.




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