mercoledì 6 ottobre 2010

MAZZE DI TAMBURO

VIGNETTA DI STEFANO MASSIRONI
(Mazze di tamburo, ottime....... Ma tossiche per la coppia!!!)


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LEPIOTA PROCERA

La lepiota procera, che fa parte delle Macrolepiote, comunemente chiamata “mazza di tamburo”, per la sua caratteristica forma alla nascita, quando il cappello è ancora chiuso, può arrivare a considerevoli dimensioni, è considerato il fungo più alto esistente, e per questo facilmente riconoscibile anche ai profani.Il nome Lepiota deriva da lepis (scaglia) anche se non è una regola fissa il carattere scaglioso della cuticola e maggiormente rappresentato in questo genere di funghi.
Le dimensioni possono raggiungere fino a 40 cm di altezza e 30 cm di diametro nel cappello.
Questo fungo lo si nota facilmente nel bosco, data la sua dimensione, un po’ meno quando è chiuso, anche perché la colorazione brunita si nasconde meglio tra le foglie cadute.
Lo si pùo trovare anche nei prati e nelle valli, al limite del bosco a volte nascosto da erba alta.
Di solito non nasce singolo, ma in famiglie da due a una decina di esemplari, di ogni dimensione.

Ha un cappello vellutato con piccole scagliette marroni, che partono più grandi alla sommità dell’umbone, di solito molto più scura.
Sotto le scaglie la colorazione è di un bianco avorio, e se giovane con lamelle rosate, che tendono a diventare avorio col tempo, è quello è un modo per capire se il fungo è giovane o troppo maturo per la raccolta.
Sotto ha un anello grande, semplice o doppio, ed è scorrevole, lanuginoso chiaro, dello stesso colore della testa e del gambo, frastagliato ai bordi.
Il gambo maculato e striato si rigonfia all’altezza del bulbo, o piede.


Difficile confonderlo con altri funghi, ma ne esistono delle specie molto piccole davvero tossiche, come la lepiota lutea, lilacea, e diverse altre di solito nei prati, anche nei nostri giardini pubblici, che non raggiungono i 5 cm di altezza, ma con le stesse identiche forme e colori. Quindi attenzione!
Il discorso cambia nelle Macrolepiote della sezione Procerae c’è da sfatare la credenza che gli esemplari grandi sono tutti commestibili, infatti, tra di loro ve né una sicuramente tossica la Macrolepiota venenata molto simile alla comunissima e buona Macrolepiota procera , quest’ultima pùò superare i 20,25 cm di diametro, di solito con scaglie più grandi e brunastre, lamelle fitte, bianche e libere, gambo slanciato bianco, che si scurisce tenendolo in mano, e importante… privo di zebrature, base con bulbo molto pronunciato, anello semplice, carne bianca ma contendenza a scurirsi e diventare rosa specie alla sezione.
Ama un humus di foglie morte e si trova in particolare tra gli arbusti di ortiche.



Può essere consumato (solo il cappello, il gambo è di natura fibrosa, e leggermente coriacea, a meno che non sia giovanissimo e appena spuntato da terra.), misto con altri funghi stagionali, per un buon sugo con polenta, specialmente se giovane ed ancora chiuso, o il cappello aperto con aglio e prezzemolo in padella, o impanato e fritto.
Tutte buone soluzioni, fare attenzione alla frittura, perché si impregna molto di olio.
Questi funghi sono carnosi, ed hanno un sapore intenso e riconoscibile, se troppo cotti a volte hanno un sapore amarognolo dato dalla parte marrone sulla punta del cappello, chi preferisce può eliminarne la cuticola..
Un trucco per conservarlo fresco è tagliare il gamgo all’altezza dell’anello, e solo in seguito, prima di cuocerlo eliminarlo fino all’attaccatura delle lamelle.
Per quanto grosso, è un fungo molto fragile, e quindi è meglio cucinarlo entro tre giorni dalla raccolta.

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